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Le ferrovie del Messico che trasportano i ricordi


locomotiva a vapore Mikado modellismo trenini elettrici
Comincia da qui, dai binari delle ferrovie dei trenini elettrici da modellismo di mio padre e da due delle sue locomotive preferite, il mio viaggio lungo le ferrovie del Messico.

Ehi, dico a te, sì a te, ma che fai? Che diavolo stai facendo? Sì, lo so che è difficile, ma così non arriverai da nessuna parte, ti stai incartando. Per quante pagine ancora hai intenzione di girarci attorno senza inventare nulla? Piantala di procrastinare, dacci un taglio per l’amor del cielo, non penserai mica di menar il can per l’aia con quei modaioli capitoletti brevi brevi da fast food? Interminabili preamboli in cui appare tutto fumoso, tutto così banalmente ambiguo, le strade anonime, le periferie abbandonate, i personaggi che si risvegliano da un incubo e si accendono l’ultima sigaretta, la caccia all’uomo, venti chiamate perse sul cellulare, la minaccia che incombe, le cose non dette, le cicatrici indicibili, la diagnosi fatale, il verdetto sbagliato, le indagini in corso, e intanto non succede una fava. Di cosa hai bisogno per uscire allo scoperto e raccontare una storia? Una di quelle vere, intendo, che te le sogni di notte, che non hanno niente a che vedere con il resto della settimana. Prova a ragionare su quel che scrive il critico letterario Guido Almansi a proposito di V. di Thomas Pynchon, li cita Marco Drago nella postfazione delle Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi, intitolata Il romanzo enciclopedico.

L'immagina di Santa Brigida e di un teschio che inghiotte un convoglio  ferroviario che sta viaggiando su un ponte
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico, Laurana Editore Milano, maggio 2022, pp. 824, € 22,00

Ferrovie del Messico, un viaggio avventura per chi crede nei sogni e nei libri

Drago ci ricorda che «a un certo punto Almansi scrive che un romanzo enciclopedico moderno deve contenere “un’analisi dello sfacelo, una coscienza del collasso, una testimonianza della frammentazione, una critica radicale del concetto di verità”, e aggiunge», continua Drago, «che all’autore resta soltanto la soddisfazione del gioco mistificatorio: confondere le carte equiparando verità e fantasia senza dare appigli al lettore. E racconta come anni prima avesse perso», lui, Almansi, «un’intera giornata a controllare una citazione della Storia della Guerra europea di Liddle Hart alla British Library di Londra (si era in epoca preinternet). Alla fine si era reso conto che la citazione era falsa».

Ti do un consiglio. Vai in libreria o in biblioteca e prendi, pubblicato dal meritevole Laurana Editore, le Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi (candidato nella cinquina del Premio Strega 2023, meritava la vittoria), non dirmi che non hai tempo per un romanzo così lungo, «credo ci siano molti libri la cui essenza risieda proprio nella loro lunghezza», scrisse Jorge Luis Borges; sono 800 pagine, d’accordo, che però ti porteranno laddove non ti aspetti, un romanzo enciclopedico in cui ti perderai, non capirai più qual è la rotta, confonderai la realtà con l’invenzione, la parodia con la storia, la letteratura con il divertissement. A che servono i libri se non a trasportarti dove non sei mai stata? Seguirai le disavventure avventurose di Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana che ad Asti, nel febbraio del 1944, riceve l’incarico di disegnare una mappa delle ferrovie del Messico dall’Aiutante capo. Ha un atroce mal di denti, una fottuta paura del dentista (l’unico di cui si fidava è stato incarcerato con l’accusa di alto tradimento) e l’ordine di compilare una siffatta documentazione sarà soltanto il primo di una serie di eventi stralunati e straordinari che gli capiteranno di vivere lungo la strada.

Questo è solo l’inizio, ça va sans dire:

Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico, Laurana Editore, Incipit

«Il signor Aiutante capo è a conoscenza del fatto che il sottoscritto non sa niente della rete ferroviaria del Messico?
Certo, Magetti, cosa vuoi saperne tu della rete ferroviaria del Messico.»

Ma che c’entra una mappa delle ferrovie del Messico con le strategie militari sullo scacchiere tragico e turbolento della Seconda guerra mondiale? C'entra perché trattasi di pura, ardimentosa, benvenuta invenzione altamente letteraria congegnata da uno scrittore piemontese che di mestiere fa il direttore del Margara Golf Club di Fubine, in provincia di Alessandria.


«Il fatto è che non ne ho la minima idea.
Come dite, signore?
Dico che non ne ho la minima idea del perché tu debba redigere un documento sulle ferrovie del Messico. Ricevo ordini da uno che ha ricevuto ordini che a sua volta ha ricevuto ordini da un altro che ha ricevuto ordini. Forse qualcuno al vertice è a conoscenza della ragione per cui è assolutamente vitale redigere un documento sulle ferrovie del Messico. Ma non è escluso che un soldato semplice, a Berlino, nei corridoi della Cancelleria del Reich, abbia raccontato a un soldato semplice di aver letto un libro sulle ferrovie del Messico. Un libro corredato da una splendida mappa della rete ferroviaria messicana. La voce è arrivata al Führer, che dopo averci rimuginato un po’ su ha pensato: bene, devo avere una mappa della rete ferroviaria del Messico. Qualcuno potrebbe avergli fatto notare che una mappa della rete ferroviaria del Messico è una di quel genere di cose ascrivibili alla categoria delle cose del tutto inutili, ancor più in un momento in cui questa guerra di merda sta andando a scatafascio. Ma i capi sono come i bambini, Magetti. Quando si fissano con un giocattolo lo devono avere.»
Modellismo, trenini da giardino, locomotiva Mikado

Mio padre giocava coi trenini elettrici. Lo ha fatto per tutta la vita, io e i miei fratelli siamo cresciuti circondati da ferrovie e rotaie, locomotive e convogli fuori e dentro casa, lui chino sul tecnigrafo a progettare tracciati e mappe, ponti levatoi e scambi, stazioni e ricoveri per i vagoni. Rubava i fiori secchi a mia madre e come d’incanto le scarpate dei suoi plastici si animavano di vegetazione e suggestione creativa. Col suo sigaro in bocca, ci parlava dell'importanza del fantasticare.

Nello scrivere questo pezzo, mi sono ricordata di alcune foto che mio padre aveva scattato dei suoi treni. Ho pensato che dovessero essercene in giro altre, sono andata a ricercarle tra le cartelle del suo vecchio computer portatile che tengo ancora sulla scrivania che mi costruì utilizzando delle assi di legno recuperate dal vecchio tavolo di cucina.


Plastico di trenini elettrici modellismo da giardino
«Stazione, illuminata con led alimentati da pannello solare. Il muro in mattoni a vista sullo sfondo è il Teatro Martinetti, a volte chiamano dalle finestre per vedere andare i treni.»

Mio padre mi ha insegnato a sognare, i libri mi aiutano a ricordare.

«Non dico che sia agevole. Ma se non lo sai esistono libri, documenti. Esistono le biblioteche. Ti risulta che esistano le biblioteche, Magetti?
Signorsì Aiutante capo, esistono le biblioteche.
E ti risulta che esistano i libri?
Signorsì Aiutante capo, esistono i libri.
E ti risulta che da qualche parte, al di là dell’oceano, esista un posto chiamato Messico?
Signorsì Aiutante capo, esiste il Messico.
Benissimo, Magetti, lo dicevo che eri perspicace. Quello che devi fare è trovare una biblioteca, trovare libri sul Messico, meglio ancora sulla sua rete ferroviaria, e infine disegnare una bella mappa come facevi nell’ora di disegno alle elementari. Te li facevano fare i disegni, alle elementari, Magetti?
Signorsì Aiutante capo, me li facevano fare.
E sentiamo, che genere di disegni ti facevano fare?
Ci pensai un po’ su.
Perlopiù case, animali, alberi e fiori, Aiutante capo.
Schioccò le dita.
Ma che meraviglia, Magetti. E dimmi, eri bravo a disegnare case, animali, alberi e fiori?
Signornò Aiutante capo, facevo schifo, e a mia mamma le toccava di disegnarli per me.»

Plastico di trenini elettrici modellismo da giardino
«Sopraelevata in cemento armato autocostruita, a destra si vede la testa del ponte levatoio che la collega con la zona deposito convogli.»

Plastico di trenini elettrici modellismo da giardino
«Ponte levatoio (equilibrato su ogni posizione).»

Tra le carte di mio padre ho trovato alcuni file in word; li aveva redatti per un suo amico con cui condivideva la passione per il modellismo, vi aveva inserito diverse immagini della sua ferrovia in giardino e del plastico costruito nel suo studio-officina, erano tutte corredate di didascalie che descrivevano nel dettaglio dati tecnici e fasi di realizzazione dei plastici. Le riporto qui come le aveva scritte lui.

Sono felice dell’uomo che è stato mio padre.

Plastico di trenini elettrici modellismo da giardino
«Il carro spazza-foglie (indispensabile nei giorni di vento).»

Il 9 febbraio 1944 Cesco Magetti entra nella biblioteca civica di Asti. Chiede al bibliotecario se hanno dei libri sulle ferrovie del Messico. Il bibliotecario gli dice che hanno un libro soltanto riferito all’argomento ma in lingua straniera, e per i libri in lingua straniera deve rivolgersi alla signorina Tilde, che sta al piano di sotto.


«Chiamai questa Tilde un paio di volte, senza ottenere risposta, e quando la rintracciai, tuffata in una pila di libri che stava riordinando, non potei fare a meno di notare quanto fosse bella.
Non voglio dire che mi innamorai all’istante. Non credo a questo genere di idiozie. Anche se forse fu quello che successe.
Insomma successe che mentre mi guardava, chinata sul pavimento con tre libri in mano, una gonna beige e un cappotto rosso, mi pigliò quel genere di goffaggine e di inadeguatezza che mi pigliava ogni volta in cui avvertivo che il mio corpo non rispondeva logicamente agli stimoli esterni, tanto più quando lei, ancor prima di chiedermi chi fossi o che cosa volessi, mi domandò che ne pensavo dei poeti argentini del ’37, e io risposi che dei poeti argentini del ’37 ne pensavo un gran bene, un bene smisurato, pur non avendo idea di quello che stavo dicendo, giacché dei poeti argentini non avevo neppure un’opinione, non avevo nemmeno idea che esistessero dei poeti argentini […]»

A pagina 360 delle Ferrovie del Messico (non ti svelerò null’altro), Tilde dice:

«[…] Cesco Magetti, io voglio sapere chi sei davvero tu.
Restai un momento in silenzio a ripetermi la domanda. Chi è un uomo? È la somma degli accadimenti che ha vissuto, oppure forse è la somma delle emozioni, delle sensazioni che questi accadimenti hanno determinato nel suo animo?»

Da sinistra: Particolare della stazione, svincolo zona ponti, linea lungo il confine.

Da sinistra: Deposito locomotive piccole, deposito convogli, convoglio manutenzione (con vagoni autocostruiti)


Spero di averti fatto sognare almeno un poco lungo queste ferrovie dei ricordi. Ti lascio con consigli ben più saggi dei miei. Sono tratti dal sesto capitolo de L'invenzione della poesia. Le lezioni americane del già citato Jorge Luis Borges, nell'edizione del 2001 degli Oscar Mondadori. Borges ricorda una sera di sessant'anni prima, «nella biblioteca di mio padre, a Buenos Aires. La vedo, vedo la luce a gas, potrei posare la mano sugli scaffali». Borges racconta che «in qualche modo, il fatto centrale della mia vita è stata l'esistenza delle parole e la possibilità di trasformare tali parole in poesia». Dice che, naturalmente, anche lui all'inizio era solo un lettore. «Oggi penso che la felicità di un lettore sia superiore a quella di uno scrittore, perché il lettore non ha problemi, non ha preoccupazioni: è lì, pronto per la felicità. E la felicità, quando si è lettori, è frequente». Borges prosegue elencando alcuni libri che sono stati importanti per lui e a un certo punto scrive quello su cui ti consiglierei di concentrarti:


«Che cosa significa per me essere scrittore? Semplicemente essere fedele alla mia immaginazione. Quando scrivo qualcosa, ci penso non in termini di fedeltà ai fatti (il fatto è solo una rete di circostanze e di casualità), ma in termini di fedeltà a qualcosa di più profondo. Quando scrivo un racconto, lo faccio perché in qualche modo ci credo, non come chi crede semplicemente nella storia, ma come chi crede in un sogno o in un'idea.»


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