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A spasso nel tempo

Aggiornamento: 15 giu 2021

Che spasso rivedere lo zio Stanley. Nell'impossibilità d'altri svaghi (sesso, shopping, scampagnate), guardo (riguardo) i suoi film e prendo a fare strane connessioni.

2001 Odissea nello spazio (disponibile su Netflix) uscì nel 1968, mi mancavano ancora quattro anni per sbarcare sulla Terra, tanti quanti ce ne mise Stanley Kubrick a girare la pellicola scritta insieme al fantascientifico A.C. Clarke. Qui un po' di aneddoti sul film, che fu girato a Londra.

Nella sceneggiatura i due c'infilano un'epidemia, ingenua bugia architettata dalle autorità per nascondere la verità su un inquietante monolito nero spuntato in un cratere. Credo sarebbe cosa gradita da molti se, in una delle nostre malinconiche città deserte, atterrasse una luccicante civiltà extraterrestre portatrice di nuove intelligenze, a spazzar via l'ingombrante impreparazione dell'uomo di fronte a un minuscolo virus dentro di noi, sciocchi che non siamo altro.


Dentro di me campeggiano ricordi, visioni stralunate a venti minuti dall'inizio del film, dopo le scimmie e dopo l'osso scagliato in aria più famoso del cinema, quando quella ruota d'astronave danzante nello spazio più nero del nero mi riporta, chissà per quali similitudini visive, ai piedi della London's Eye dov'ero a novembre. Pare un secolo.

L’altra notte ho sognato di prendere un volo per Mosca. In molti mi raccontano momenti d’evasione trascorsi a programmare vacanze. Temo abbia a che fare col concetto di libertà. Ieri ho promesso all’amica con la quale ero stata a Aix-en-Provence una quindicina d'anni fa, di riportarla in Provenza, all'inaugurazione del più grande museo mondiale dedicato a Pablo Picasso, data d'apertura primavera 2021, ce la faremo.

Funziona così in questi giorni sospesi. Zio Stanley mi parla di grandissimi temi, l'alba dell'uomo, l'intelligenza artificiale, Dio, l'infinito, la macchina del potere (e probabilmente di molti altri che mi sfuggono, come la camera da letto in stile Impero, in mostra qualche anno fa al National Air and Space Museum di Washington), e io mi distraggo sulla ruota panoramica di Londra, Londra la bella, Londra l'effervescente, Londra la city che, in balia di prime minister che scherzano col fuoco come fossero bambini e poi si scottano (God Save Boris, sia chiaro), oggi m'impietosisce come l'ultimo dei cuccioli abbandonati. Quanto vorrei riabbracciarti, my darling.

Sopraffatta dalla fiducia telegenica negli scienziati, dall'incerta certezza dei numeri, dalle dirette streamingskypeyoutubefacebookwhatsappnoncelapossofare, ascolto zio Stanley, vai a fidarti di un computer che si chiama HAL e che sostiene di provare emozioni.

Enrico Ghezzi, nella compianta collana "Il Castoro cinema" dedicata ai grandi registi, in edicola ai tempi d'oro dell'Unità diretta da Walter Veltroni (correva l'anno 1995), aveva scritto:

«HAL sa di non sapere: il suo timore per il futuro della missione, per l'ignoto, è quello di chi sa che si troverà fuori dal suo spazio, fuori dalle sue possibilità di comprensione, fuori dai sistemi di comunicazione conosciuti (non molto diversa la situazione dello spettatore alla fine del film)».

Sopraffatta dall'ignoto, cedo alla scena in cui il dottor Floyd telefona a casa in videochiamata e dice alla figlia che no, non potrà esserci alla sua festa di compleanno. «Lo sai, papà è in viaggio». Un tuffo al cuore, porco zio, mamma che componeva il prefisso internazionale per chiamare papà dall'altra parte del mondo e io che cantavo «tonna papà | papà tonna». E allora penso a tutte quelle bambine che ora, qui e là, per colpa del virus o per colpa del lavoro che comunque sei troppo piccola per saper spiegare alle tue compagne, fanno finta di capire il perché il papà non sia ancora tornato a casa con quel coniglietto londinese in valigia.

Ma penso anche a tutti quei grandi e piccoli studenti che il computer non ce l'hanno, che la connessione non ce l'hanno, che non hanno le stesse opportunità di chi riesce a sfangarsela alla meglio di questi tempi, perché ascolto le mie amiche insegnanti raccontarmi quotidianamente che la scuola digitale non è una passeggiata neppure per i maestri più scaltri, perché ogni giorno si devono inventare stratagemmi tecno per non escludere gli svantaggiati, i poveri, a fronte di quel terzo di famiglie italiane senza pc e senza tablet conteggiato dall'Istat tra il 2018 e il 2019 nella ricerca "Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi" pubblicato in queste ore.

«Nel periodo 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha computer o tablet in casa, la quota scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minore. Solo per il 22,2% delle famiglie ogni componente ha a disposizione un pc o tablet.»
«Nel Mezzogiorno il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa (rispetto a una media di circa il 30% nelle altre aree del Paese) e solo il 14,1% ha a disposizione almeno un computer per ciascun componente.»
«Nel 2019, il 92,2% dei ragazzi di 14-17 anni ha usato internet nei 3 mesi precedenti l’intervista, senza differenze di genere. Tuttavia meno di uno su tre presenta alte competenze digitali (il 30,2%, pari a circa 700 mila ragazzi), il 3% non ha alcuna competenza digitale mentre circa i due terzi presentano competenze digitali basse o di base. Le ragazze presentano complessivamente livelli leggermente più elevati di competenze digitali (il 32% dichiara alte competenze digitali contro il 28,7% dei coetanei).

Dove si vede inoltre che «negli anni 2018-2019 il 52,1% dei bambini e ragazzi tra 6 e 17 anni hanno letto nell’ultimo anno almeno un libro nel tempo libero (circa 3 milioni 600mila). Tra i giovani lettori il 46,9% ha letto fino a 3 libri (lettori deboli), il 40,7% da 4 a 11 libri (lettori medi) e il 12,5% 12 o più libri (lettori forti). Sono soprattutto le ragazze a dichiarare di aver letto almeno un libro nel tempo libero (il 58,2% contro il 46,4% dei coetanei). Tra le ragazze, inoltre, risulta più alta la quota di chi ha letto e-book/libri on line (10,5% contro 6,4%). La percentuale più elevata di lettori si registra, per i ragazzi, tra gli 11 e i 13 anni (53%), per le ragazze nella fascia di età successiva (66,2%)». Ma questa è un'altra storia, folks.

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